Per la maggior parte di noi, “bufala” significa
mozzarella. Ed è proprio per produrre questo formaggio che ci sono tanti
allevamenti nel nostro paese. Trattandosi di aziende agricole
finalizzate alla produzione di latte e quindi interessate solo a animali
di genere femminile il problema è quello di gestire il surplus di
animali maschi che nella maggior parte dei casi vengono soppressi. La
questione che interessa anche gli allevamenti di galline ovaiole e altri
animali è già stata segnalata più volte da Il Fatto Alimentare.
Proprio in questi giorni la Federazione dei veterinari europei ha
approvato un documento sui costi etici dell’abbattimento di animali non
utilizzati come bufalotti o capretti, ma anche i pulcini delle galline
ovaiole. “I veterinari – si legge nel documento – devono contribuire a
evitare la produzione di animali in surplus o indesiderati” che per i
produttori rappresentano un sottoprodotto indesiderato, di cui a volte
si liberano senza andare troppo per il sottile. Della questione dei
piccoli di bufalo soppressi alla nascita si era parlato qualche anno fa
in seguito a un’indagine dell’associazione Four Paws International su oltre cinquanta allevamenti del casertano e del salernitano.
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