E' arrivata poco dopo le 9 di stamattina la sentenza del processo Green
Hill davanti alla prima sezione del Tribunale di Brescia. Renzo
Graziosi, veterinario dell'allevamento e Ghislane Rondot, co-gestore di
"Green Hill 2001", sono stati entrambi condannati a 1 anno e 6 mesi.
Roberto Bravi, direttore dell'allevamento, invece, è stato condannato a
un anno più risarcimento delle spese. Le accuse sono di maltrattamento e
di uccisione di animali. Sospensione dalle attività per due anni per i
condannati. Assolto Bernard Gotti, co-gestore di "Green Hill 2001", "per
non aver commesso il fatto". I circa tremila beagle sono stati
confiscati: dunque, possono rimanere nelle case degli affidatari. Per
legge, inoltre, Green Hill non potrà comunque riaprire perché il decreto
legislativo 26/2014, approvato alcuni mesi fa, vieta l'allevamento di
cani, gatti e primati destinati ad esperimenti.
Presenti in aula una ventina di animalisti e attivisti che alla lettura della sentenza hanno manifestato la loro gioia, rivela il "Giornale di Brescia".
Il Pubblico Ministero Ambrogio Cassiani, nella sua requisitoria aveva chiesto per i capi d'imputazione del processo,3 anni e 6 mesi per il veterinario Graziosi, 3 anni per Rondot e 2 anni per Bravi e Gotti. Inoltre aveva contestato a cinque dipendenti di Green Hill il reato di falsa testimonianza.
Sulla base di quanto emerso dalle prove e dai verbali del processo, inoltre, la LAV annuncia che chiederà l'imputazione dei veterinari dell'Asl di Lonato, dell'Istituto Zooprofilattico di Brescia e dei funzionari della Regione Lombardia e del Ministero della Salute, che in tutti gli anni passati avevano scritto che tutto era regolare nell'allevamento.
Risarcimenti sono stati riconosciuti alle associazioni che si sono costituite parte civile; 30 mila euro alla Lav, che li utilizzerà - al netto delle spese legali - per costituire un fondo destinato a finanziare lo sviluppo di metodi alternativi alla vivisezione.
Presenti in aula una ventina di animalisti e attivisti che alla lettura della sentenza hanno manifestato la loro gioia, rivela il "Giornale di Brescia".
Il Pubblico Ministero Ambrogio Cassiani, nella sua requisitoria aveva chiesto per i capi d'imputazione del processo,3 anni e 6 mesi per il veterinario Graziosi, 3 anni per Rondot e 2 anni per Bravi e Gotti. Inoltre aveva contestato a cinque dipendenti di Green Hill il reato di falsa testimonianza.
Sulla base di quanto emerso dalle prove e dai verbali del processo, inoltre, la LAV annuncia che chiederà l'imputazione dei veterinari dell'Asl di Lonato, dell'Istituto Zooprofilattico di Brescia e dei funzionari della Regione Lombardia e del Ministero della Salute, che in tutti gli anni passati avevano scritto che tutto era regolare nell'allevamento.
Risarcimenti sono stati riconosciuti alle associazioni che si sono costituite parte civile; 30 mila euro alla Lav, che li utilizzerà - al netto delle spese legali - per costituire un fondo destinato a finanziare lo sviluppo di metodi alternativi alla vivisezione.
Lav: "I cani venivano lasciati morire"
"La sentenza di condanna di Green Hill è un riconoscimento a tutte e tutti coloro che in tanti anni hanno partecipato a manifestazioni a Montichiari e in tante altre parti d'Italia e del mondo, hanno digiunato, firmato petizioni, realizzato inchieste giornalistiche, presentato denunce, scavalcato barriere fisiche e ideologiche che difendevano l'indifendibile – ha detto Gianluca Felicetti, presidente Lav - sapendo bene che 'Oltre il filo spinato di Green Hill', la vivisezione esiste ancora e uccide quasi 3000 animali al giorno, tutti i giorni, solo nel nostro Paese, e non da alcuna risposta positiva alla nostra salute: per questo la nostra battaglia è continua".
"A Green Hill essere uccisi era un lusso perché i cani venivano semplicemente lasciati morire: non vi era nessun interesse a curare i cani malati. Le terapie erano costose e comunque avrebbero potuto alterare i parametri delle sperimentazioni. I beagle erano quindi semplicemente lasciati morire (basti pensare che dalle h 18 alla mattina successiva nessun presidio sanitario era garantito) o sacrificati", ha detto l'avvocato Carla Campanaro, difensore della Lav, durante la sua arringa con la quale ha sostenuto le richieste di pena del Pubblico Ministero, la confisca dei beagle salvati e, per gli imputati, la sospensione delle attività di allevamento.
"Non è vero che in materia di vivisezione tutto è lecito – ha precisato l'avv. Campanaro -. Va rispettata l'etologia animale indipendentemente dalla sua destinazione finale, questo vale per un animale d'affezione quanto per quelli purtroppo allevati e poi macellati o ancora destinati ai laboratori. I beagle sono stati i protagonisti di un processo innovativo, che ha puntato l'attenzione sul rispetto del principio di legalità anche nella vivisezione. La norma comunitaria e nazionale e la giurisprudenza hanno ampiamente chiarito che tutti gli animali sono essere senzienti e vanno curati e accuditi rispettandone l'etologia, al di là del loro possibile 'utilizzo' commerciale".
Continua qui
Nessun commento:
Posta un commento